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SU FENU TRAINU by Massy

Attività: Speleologia
Data:   08 febbraio 2009
Comune: Domusnovas
Località: Punta Fenu Trainu
Cavità,Gola o Sentiero: Fossa De Su Fenu Trainu
Organizzatore dell’uscita: Andrea Gaviano
Partecipanti: Andrea Gaviano, Massimiliano Mascia, Daniela Sanna, Roberto Pilia, Renato Bachis.

Da un anno ormai cercavo di convincere qualcuno ad accompagnarmi alla mitica grotta de Su Fenu Trainu.
Dai racconti terrorizzati dei partecipanti alle passate escursioni nasceva in me il senso della sfida: provare i 180m di pozzo, vedere le concrezioni nelle sale alla base del pozzo e la mitica aragonite azzurra di cui avevo sentito parlare. La scimmia cresceva e non voleva più mangiare.
Finalmente trovo qualcuno che, per ovvi motivi, pena stress giornaliero, non ha potuto fare a meno di accompagnarci.
Mercoledì in sede cerco la grotta sul PC, stampo la sezione dal programma del catasto (ozi explorer) e consegno ad Ermanno la lista dell’attrezzatura: una corda da 100m, due corde da 80m, 16 PLG con relativi anelli, 5 cordini e 5 fettucce. Ci siamo tenuti larghi anche in previsione dell’esercitazione organizzata sabato mattina. Non doveva mancare niente e doveva essere fatto tutto in sicurezza.
Sabato sera stavo fremendo e non vedevo l’ora che arrivasse la mattina per la partenza: povera Daniela che mi deve sopportare.
Alle 8 all’ex k2 erano presenti già  Andrea Gaviano e Andrea Loi che è passato a portarci i sacchi, perché, causa ginocchio in fiamme, ha optato per una grotta meno impegnativa.
Dopo arriva Roberto Pilia e di seguito si presenta Francesca Marras con la torta di ricotta, cioccolato e canditi per farsi perdonare il forfè…Ricordo a chi non si è presentato all’esercitazione di sabato che di torte ne dovrà portare parecchie… E’ in ritardo anche il nostro super assonnato Renato reduce da una mega cena elettorale a scrocca. La comitiva iniziale si riduce a cinque partecipanti. Si preparano gli equipaggi, in macchina con me c’erano Daniela e Andrea, mentre con Roberto c’era Renato.
Ore 9, si parte direzione Domusnovas, si supera il villaggio Arenas lungo la strada sterrata che conduce al tempio di Antas. La strada sterrata non finisce mai e dopo i temporali non è sicuramente molto agibile, ma con l’aiuto dei navigatori a terra si è riusciti a superare laghetti, tagadà e canyon. Nel villaggio dei vecchi minatori, che dovrebbe essere abbandonato, abbiamo scoperto essere abitato da qualcuno che ha pensato di farci la propria residenza da eremita.
Arrivati alla piazzola intorno alle 11:00 dopo qualche sgommata e sfrizionata, ci prepariamo, filiamo le corde negli zaini e proseguiamo lungo la strada sterrata fino ad un sentiero sulla sinistra.
La vegetazione grazie alle ultime piogge è diventata una giungla di rovi ma sirboniamo un po’ e raggiungiamo sul cucuzzolo della montagna la mitica cavità verso le 12:00.
Andrea, che conosce bene la grotta, parte subito con un coniglio nell’armo di testa, poi un frazionamento all’imboccatura e via giù con la corda da 100m. Controlliamo gli attrezzi e parte  Roberto con l’altro zaino con la corda da 80m. Poi scende Daniela, Renato con l’altro zaino e in fine io, che nel frattempo mi sono beccato una mega grandinata con effetto nebbia.
Troviamo altri due frazionamenti prima di arrivare al terrazzino (accidenti, qui servirebbe un ombrello, lo stillicidio, dopo le abbondanti piogge di quest’anno, è tanto!), qui viene armato un traverso su clessidra e finisce la corda da 100m.
Collegato al traverso viene fatto un altro armo di testa in parallelo con la corda da 80m e si scende fino all’ultimo frazionamento. Nella discesa si passa una strettoia e si arriva ad un pendolo (sotto una cascata di acqua gelida!) collegato ad una stalagmite tramite un serraglio. Da questa è stata passata una corda di sicura agganciata ad un’altra stalagmite, in quanto era molto scivoloso. Questo terrazzino è particolarmente ricco di eccentriche. Infine si è giuntata l’altra corda da 80m, ma ne bastava anche una da 30m per fare la discenderia ed arrivare alla base della grotta.
Il pavimento della grotta è costituito da tante vaschette piene d’acqua. Non avevo mai visto una grotta così ricca di concrezioni, eccentriche, colate bianchissime e grandi vele. Dalla prima saletta attraverso un passaggio nell’acqua si arriva alla sala grande, l’acqua scendeva come se ci fosse un rubinetto aperto. Andrea ci ha detto che non aveva mai visto così tanta acqua scendere nella grotta poi ci ha portato a vedere l’aragonite: bellissima la colata azzurra e le eccentriche che hanno inglobato un pò di quel minerale dandogli un effetto unico. Dopo aver ammirato ogni pezzo della grotta ci siamo fermati a mangiare un pò di grana, banane e cioccolato.
Rifocillati ci siamo fatti coraggio e si è intrapresa la risalita sotto una cascata d’acqua gelida.
Roberto è il primo, poi segue Daniela, Renato, io ed Andrea per ultimi a smantellare tutto.
Mentre risalivo l’ultimo pezzo mi becco una tale passata di grandine, che ho dovuto chiudere gli occhi.
Fuori dall’imboccatura mi sono infilato in mezzo ad un cespuglio per ripararmi in attesa che Andrea smontasse il frazionamento. Gli altri compagni d’avventura si erano diretti già alle macchine perché ormai stavano congelando. Non riuscivo più a muovere mani e piedi e per finire inizia a nevicare. Direte voi: ”che figo!”, ma quando sei bagnato fradicio ti metti a piangere.
Disarmato e richiusi i sacchi con Andrea ci siamo messi alla ricerca del sentiero, ma ormai era buio e abbiamo sirbonato per non so quanto in mezzo ai rovi cadendo dappertutto, perché era un tappeto
di ghiaccio. Abbiamo gridato per richiamare i nostri compagni ma il vento era troppo forte e non ci potevano sentire. Suonavo il fischietto con tutto il fiato che avevo, ma niente. Il freddo ormai ci aveva attanagliato ed Andrea pensava già ai soccorsi: ”ci siamo persi, dobbiamo cercare un riparo” ed io gli ho risposto: ”ma itta sesi maccu”. Avrei trascorso tutta la notte a trovare quel sentiero, perché se mi fossi fermato mi sarei assiderato. Bagnato fradicio, sotto la neve, al buio con le mani tutte insanguinate dai rovi ed il braccio dolorante per la caduta era la forza della disperazione che mi teneva in piedi. Finalmente troviamo un varco e continuando ad urlare e fischiare sentiamo la voce di Roberto sulla strada e ci siamo diretti verso la voce. I nostri compagni avevano acceso anche i fari delle macchine per indicarci la strada ma noi non riuscivamo a vederle. Finalmente il sentiero e ci riprendiamo. Arrivati alle macchine i nostri compagni ci hanno aiutato a cambiarci perché nel frattempo ha ripreso a grandinare. Roberto sembrava pollicino con i pezzi di pane che ci dava per riprenderci dalla fame e dal freddo.

Ogni fatica è stata ricompensata dalla bellezza di questa grotta!

Categoria: Attività, Primo Piano, Relazioni, Speleologia

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