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Sa Muragessa

ATTIVITA’: Spelosubacquea
DATA: 13/12/2003
COMUNE: Seui
LOCALITA’: Mont’Arbu
CAVITA’, GOLA O SENTIERO: grotta di Sa Muragessa
ORGANIZZATORE DELL’USCITA: Dolores Porcu
PARTECIPANTI E GRUPPI DI APPARTENENZA:
Dolores Porcu (USC – GSAGS), Sandro Tuveri (GSAGS), Luca Sgualdini (GSAGS), Marcello Moi (Gruppo Matzella Dorgali)
 
Sono circa le 11,00 del mattino del 13/12/2003 , mi ritrovo a Seui in compagnia di Sandro, Luca e Marcello; la nostra intenzione è quella di andare a rilevare la grotta di Sa Muragessa oltre il quarto sifone.
La giornata è spettacolare ma l’aria un pò pungente, infiliamo le bombole nello zaino ed abbozziamo un accenno di vestizione con muta e tuta speleo.
Con due zaini a testa affrontiamo la salita per la grotta, sempre faticosa, ma in meno di mezzora siamo all’ingresso. Controlliamo l’orologio, che segna le 12,30, e percorriamo gli ottanta metri di strettoie che ci separano dall’acqua.
Dopo una serie di collaudatissimi passamano di zaini , ci ritroviamo belli, accaldati e sudati davanti al primo sifone verso le 13,00.
Prepariamo l’attrezzatura, montiamo gli erogatori, apriamo le bombole, controlliamo l’aria ed ecco la prima sorpresa. Marcello ha una bombola da 4 litri il cui manometro segna 80 atmosfere .
Mentre riflettiamo se far saltare l’immersione, Sandro esclama : " Marcello, m……a mia a te, non potevi controllarti le bombole prima di entrare in grotta " .
Marcello ci assicura che l’aria è sufficiente e che al massimo, al rientro, utilizzerà i nostri bombolini da due litri caricati a 250 bar.
Dopo aver deciso tutti insieme che l’immersione era fattibile, continuiamo con la nostra vestizione e, mentre mi accingo ad entrare in acqua, nell’infilarmi le pinne scopro di aver perso il cinghiolo.
Le disgrazie non vengono mai da sole, ma anche in questo caso, fortunatamente, riusciamo a risolvere il problema con un anello di camera d’aria.
Ci immergiamo io e Luca, seguiti a breve distanza da Marcello e Sandro; la nostra intenzione è quella di scattare delle foto, per cui ci muoviamo con la massima cautela per evitare di sollevare sospensione.
Usciti dal 1 sifone, lungo circa 50 metri e profondo 4, ci dirigiamo verso il secondo. Ci immergiamo con lo stesso ordine ma questa volta sono io che tento di fare delle foto a Luca; il risultato è a dir poco strabiliante, ogni foto è caratterizzata dalla sindrome di parkinson, si nota proprio la mano ferma e decisa dell’autore.
Mentre percorro il secondo sifone, ad un certo punto, mi sento risucchiata all’indietro, mi giro e vedo Marcello che mi afferra la pinna perché sta tentando di farsi i 230 metri in apnea. Lo lascio passare e in meno di tre secondi sparisce dalla portata del mio faro.
Il secondo sifone, come già detto, è lungo 230 metri, raggiunge una profondità massima di 11 ed è abbastanza largo e molto ben sagolato, ogni 10 metri ci sono le bandierine che ci ricordano i metri percorsi; la durata massima di percorrenza è di circa 12 minuti.
Una volta usciti dal 2 sifone ci dirigiamo, attraverso un percorso di circa 70 metri con passaggi sul letto del fiume e piccoli massi in frana, verso il 3. Il terzo sifone, lungo 30 metri e profondo 4/5 , ha il soffitto un più basso degli altri due, in alcuni punti le bombole toccano, ma lo si percorre senza la minima difficoltà; si immerge prima Marcello (ormai esperto apneista) seguito a ruota da Sandro, io e Luca ci immergiamo dopo circa 5 minuti perché l’uscita è stretta e si sta al massimo in due.
Finiti i tre sifoni più impegnativi, abbandoniamo le bombole da quattro litri, mettiamo negli zainetti le bombole da due, la maschera e il rilievo e ci incamminiamo per circa 45 minuti in stretti meandri dalle rocce maledettamente affilate e taglienti.
Ogni tanto incontriamo delle belle cascate, attraversiamo un passaggio con doccia carponi obbligatoria e tra una serie di strap e di sgrunt, arriviamo al quarto sifone con qualche pezza in meno sul fondo schiena della tuta speleo.
Montiamo gli erogatori nei bombolini e ci contendiamo con le unghie e con i denti le poche pietre a nostra disposizioni da utilizzare come zavorre, manco a farlo apposta l’erogatore di Marcello, appena aperta la bombola, va in erogazione continua; il suo destino sembra ormai segnato, la speleosubapnea sembra essere il suo futuro.
Si immerge Sandro, seguito da Marcello, Luca e la sottoscritta e in dieci secondi ci ritroviamo tutti oltre il quarto sifone.
Ci liberiamo di tutte le cose inutili e ci dirigiamo verso la famosa triforcazione. Qui ci dividiamo in due squadre, Marcello e Luca vanno ad esplorare il ramo di sinistra (che chiuderà poco dopo), io e Sandro andiamo invece a rilevare il ramo di destra.
Recuperiamo bussola, clinometro, metrella e carta per il rilievo e iniziamo a percorrere i bellissimi meandri descritti dal fantasioso ed entusiasta Marcello.
I primi 70 metri li rileviamo senza apparenti difficoltà, man mano che andiamo avanti la grotta si fa sempre più interessante, il soffitto si abbassa pian piano fino a costringerci a camminare carponi, più andiamo avanti con il rilievo più ci sembra di stare in un parco giochi.
Al soffitto sempre più basso si aggiungono il fango e l’acqua, ovviamente gelida, raggiungiamo l’apice del divertimento quando per superare alcuni passaggi siamo costretti a levarci il casco e mettere, a nostra scelta, il viso o i capelli nelle pozze di fango.
La carta del rilievo, dopo circa 150 metri di percorrenza, è un tutt’uno con il paesaggio circostante e dopo altri 50 metri decide, con un colpo da maestro, di scivolare in quelle meravigliose acque dal colore tutt’altro che cristallino.
Il rilievo ormai è andato; nel frattempo veniamo raggiunti da Luca e Marcello e quest’ultimo ci consiglia caldamente di continuare il nostro tour promettendoci ampi saloni e visioni da capogiro.
Strisciamo fiduciosi verso i meandri ed i saloni promessi ma l’unico punto degno di nota è una piccola sala di 4/5 metri di diametro con una cascatella che arriva dal soffitto.
Io Luca e Sandro ci guardiamo sempre più perplessi e chiediamo lumi a Marcello sui parametri da lui usati per definire le grandezze.
Ovviamente le spiegazioni non ci soddisfano, pertanto proseguiamo ancora per alcune decine di metri fino ad arrivare in un punto chiuso da un tappo di sabbia; Marcello accenna ad un tentativo di scavo, abbandonato poco dopo pena la soppressione dello stesso in loco.
Ripercorriamo i meandrini al contrario fino alla saletta e li decidiamo di fare un piccolo break a base di prosciutto e cioccolata, il tutto insaporito ed amalgamato dal fango.
Finito lo spuntino, per aiutare la digestione, riprendiamo a strisciare nel fango e nell’acqua promettendo a noi stessi di salvaguardare queste bellezze non tornandoci mai più.
Ripercorriamo i quattro sifoni al contrario, ormai torbidi, raccontandoci tra un post sifone e l’altro quante volte l’abbiamo fatta nella muta.
Usciamo incolumi dai sifoni, smontiamo tutta l’attrezzatura, recuperiamo le cose sparse ovunque e nell’affrontare gli ultimi 80 metri di strettoie che ci separano dal bosco, rimedio una piccola frattura al dito medio della mano sinistra causata dalla caduta di uno zaino con all’interno le bombole.
Vuoi per la stanchezza, vuoi per il dolore, ho dato vita ad un monologo di imprecazioni e bestemmie seguite dai commenti dei miei compagni di viaggio che mettevano bene in chiaro che se quella era una scusa per non portare gli zaini alle macchine, la cosa non funzionava.
Arrivati alle auto, dopo esserci cambiati in fretta e furia per il freddo, con l’idea di andare in pizzeria, andiamo a lavarci la faccia a casa di Marcello; qui, in men che non si dica, come d’incanto , attraverso un passaggio segreto, si materializzano dei fantastici ravioli al sugo accompagnati da un ottimo vino e dell’ottimo formaggio.
Un po ciuchi e stanchi, ad eccezione dell’autista Sandro ormai fatto di Coca Cola, riprendiamo la strada verso casa soddisfatti ed appagati della bellissima giornata trascorsa.

Categoria: Attività, Speleologia

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