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Mefisto e la miniera di Barraxiutta – Gutturu Farris

Organizzatore : Stefano Lallai
Tipo  : Speleo/Didattica
Comune : Domusnovas
Località : Gutturu Farris
Data: 22/11/2009
Partecipanti : Stefano Lallai, Pierluigi Melis, Lucio Mereu, Fabio Angius, Michela Muggironi, Massimiliano Mascia, Daniela Sanna, Roberto Murenu, Riele Mereu, Raffaele Casti, Guido Biavati, Betty Pinna, Daniela Pinna.

Una calma apparente attanagliava le cime sovrastanti il paese di Domusnovas, tra Monte Crabas e Monte Nieddu, dove la foresta rigogliosa e le placche di roccia calcarea facevano da cornice a una calda giornata di fine novembre.

Quel pomeriggio il tenebroso e potente Mefisto, all’interno dell’altrettanto tetro maniero di Barraxiutta, era concentrato nella preparazione della sua famigerata pozione magica a base di pasta, fagioli e cotiche, che i suoi adepti, facenti parte della setta degli speleologi giesseagiessini grandi bevitori, di buona forchetta e schiamazzanti,  avrebbero dovuto ingurgitare prima di farsi fagocitare, a loro volta, dallo stomaco buio e freddo della montagna.

Solo loro e nessun altro avrebbe potuto attraversare la soglia di quella stanza, protetta dalle più sofisticate arti della stregoneria, per godere di questa straordinaria concessione.

Un rito magico tramandato da bocca di druido a orecchio di druido fin dalla notte dei tempi: qualche cucchiaiata di quell’intruglio caldo e fumante per sentirsi rinvigoriti nel corpo e nell’anima, tanto da poter affrontare qualsiasi avversità.

Era da tempo che la setta partecipava ai sabba di fine settimana in quel di Barraxiutta, tanto che la voce si sparse fin oltre oceano attirando l’invidia di molti e, così, sempre più numerosi divennero i nemici di Mefisto.

Infatti, quel che egli non sapeva era che sulle sue tracce si era messo il famosissimo ranger del Texas Tex Willer, che inviò i suoi due pards Tiger Gessa e Kit Carrus con il solo intento di carpirgli la ricetta anche con la forza, se necessario.

To be continued……………


Arrivo da Stefano intorno alle 17,45, carichiamo il vecchio Land e, dopo aver fatto rifornimento, ci rechiamo all’appuntamento al solito parcheggio ex K2.

Ore 18,30. Calma piatta. Nessuno.

Ore 18,35. Sempre più calma piatta. Sempre nessuno.

Io: <Maaaaaa possibili chi non c’è nisciunu?>.

Lui: <Boh! …….Maaaaaa s’appuntamentu non viara a ses’oras e mesu?>.

Io: <Mi pariri di aicci. De s’e-mail de Ermanno………… Mo’ provvu a du zerriai.>.

Dall’altro capo del telefono la solita vocina che ti fa sempre girare le balle:

<L’utente da lei selezionato non è al momento raggiungibile.>.

Io: <……..eeeeeeee ‘tta manera………!>.

Ore 18,45. La calma piatta è arrivata all’esasperazione. Partiamo.

Lui: <Noooooo! Sono già lì!>.

Io : <Aiò!>.

Durante il viaggio mi viene in mente di chiamare Riccardo:

<L’utente da lei selezionato non è al momento raggiungibile.>.

Io: <……..eeeeeeee la is callonis………!>.

Lui: <Noooooo! Sono già lì!>.

Io: <Ma c’è anche Alfredo! Mo’ du zerriu!>.

<L’utente da lei selezionato non è al momento raggiungibile.>.

Ceeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeh!

Lui: <Noooooo! Sono già lì!>.

Comunque, dopo una quarantina di minuti arriviamo al famoso maniero di Barraxiutta, dove, chiaramente, la setta speleologica si stava già mettendo in moto per il pre-rito magico organizzando l’accensione del fuoco serale e imbandendo la tavola.

Naturalmente l’appuntamento era alle 18,00.

Ci sistemiamo la maggiolina e varchiamo la soglia dell’accogliente stanzone, incuranti degli anatemi protettori in quanto adepti.

Il rito ha inizio alle 19,30 (in orario da mensa ospedaliera) e sbafiamo la pozione cotichesca, nonchè tutto ciò che ci passa per le mani, in quattro e quattr’otto.

Qualcuno: <C’è ancora la carne da cuocere!>.

Lui: <Priiiiiiiiiiiiiiiiiiiiima la lasciamo scongelare, pooooooooi la cuociamo. Intanto si faeus una cantaredda!>.

E il sabba prosegue passando per Santana, Battisti, Ligabue e Trallallere varie, fino all’inizio del post-rito: il taglio della carne arrosto.

Proprio in quel momento, potrei dire a “frago”, arrivano Denaci e Robymura direttamente dal Jazzino.

Qualcuno: <Oooooooooooo Roby, cos’hai portato?>.

Roby (con le mani in tasca, quasi strafottente): <Niente!>.

Qualcuno: <Oooooooooooo Roby, e come ti corichi?>.

Roby (sempre con le mani in tasca): <Boh!>.

A posto!

La serata si spegne alle 02,30 davanti al caminetto, sotto l’effetto rilassante di diversi bicchiere di acquavite.

La sveglia dell’indomani, alle 07,15, è stata caratterizzata dal rumore particolare e incessante dei nostri denti nello sbattere gli uni contro gli altri:

Io: <……Ceeeeeeeeeeeeeeeeeeeeh! Pppppppppitttttttttticccccccccu su frius!>.

In effetti, passare dal tepore del sacco a pelo al freddo pungente della montagna a quell’ora è stato abbastanza traumatico, ma nulla ci ha impedito di lavarci (col contagocce) testando la temperatura dell’acqua del bidone prossima allo zero, fare colazione e metterci in marcia per raggiungere l’appuntamento col resto della cricca presso il solito ritrovo per la grotta di Sa Crovassa (circa dieci minuti d’auto).

Arriviamo puntuali alle 08,30 e Riele è già lì da un bel pezzo. Aspettiamo l’arrivo degli altri che si presentano subito dopo.

Proseguiamo sulla strada bianca, giriamo sulla prima traversa a destra che incontriamo e in dieci minuti siamo al bivio dove lasceremo le auto. Delle due strade ci inoltreremo in quella chiusa da una sbarra.

Il parcheggio è quasi pieno.

Stefano: <Piccioccus, c’è la battuta di caccia grossa. Speriamo che non ci fermino!>.

Ascoltiamo, ma non capiamo dove possano essere i cacciatori. Allora decidiamo di percorrere il sentiero che porta alla grotta per fare un controllo accurato. Nessuno. Dalle urla ci sembra che la battuta si svolga nel versante destro in alto. Non ci dovrebbero essere problemi. Ci prepariamo e partiamo! Sono le 10,30.

Dopo circa un quarto d’ora a piedi in un sentiero molto largo e agevole, attraverso la foresta che nasconde il “Gutturu”, intravediamo sulla nostra sinistra un vecchio sentiero che, col contrafforte di rocce, si inerpica diagonalmente su per la parete della montagna. Lo seguiamo. In dieci minuti di arziara siamo all’ingresso di Gutturu Farris.

La corda da 100 mt è già filata e il coniglio già confezionato. Stefano si prepara per la discesa d’armo con il “bambino” appeso al baricentrico e noi gli organizziamo cordini, fettucce, anelli e PLG da portare appresso.

Tra riff e raff si fanno le 11,30.

Qualcuno: <Quanti sono i frazionamenti?>.

Stefano: <Saranno cinque o sei!>.

Subito dopo l’armo di testa organizziamo un distanziatore su armo naturale, il quale si può vedere solamente una volta in carico sulla corda.

Arrivato al primo frazionamento scatta il frastimo (vi chiederete: <E’ ancora presto!>, ma noi si inizia da subito, altrimenti non c’è gusto):

Stefano: <Ma porc……..! Questi ca…….. di bulloni lunghi! Oooooh piccioccus, non riesco ad armare!>.

Da sopra:<Controlla se ne hai qualcuno corto!>.

Stefano: < Eeeeeeh! Unu di pottu!>.

Scatta subito una vocina: <Pieeeeeerluuuuuuuuuu, non è che hai con te bulloni corti?>.

Naturalmente, al contrario di noi, il Senatore ha tutto! Sostituiamo i bulloni lunghi del magazzino con quelli corti di Pierluigi.

Primo frazionamento a posto. Secondo frazionamento allungato con fettuccia per non far raschiare nodo e corda sulla colata molto ruvida.

Da giù: <Scendi!>.

Passo i due frazionamenti e Stefano mi tira verso di se su di un terrazzino. Atterro.

Stefano: <Non trovo spit! Ho cercato dappertutto.>.

Armiamo un altro coniglio su naturale e Stefano si lancia all’inseguimento dello spit perduto, trovandolo quasi subito a circa tre metri dalla verticale dell’ultimo ancoraggio, ma siamo costretti a disarmare quel tratto di corda perché sfrega troppo. Risalgo.

Passano i minuti…………….

Da su: <Ooooooooooooh!> (Ooooooooooooh!…….. Ooooooooooooh!…….. Ooooooooooooh!).

Da giù: <Eeeeeeeeeeeeh!> (Eeeeeeeeeeeeeh!…….. Eeeeeeeeeeeeeh!…….. Eeeeeeeeeeeeeh!).

Io: <Scendo?>

Lui:<Non ancora!>.

Ancora qualche minuto……………..

Da su: <Ooooooooooooh!> (Ooooooooooooh!…….. Ooooooooooooh!…….. Ooooooooooooh!).

Da giù: <Eeeeeeeeeeeeh!> (Eeeeeeeeeeeeeh!…….. Eeeeeeeeeeeeeh!…….. Eeeeeeeeeeeeeh!).

Io: <Scendo?>

Lui:<Non ancora!>.

Io: <Cosa stai facendo?>.

Lui: <E’ tottu unu casinu! Sono al settimo frazionamento!>.

Pierluigi: <E’ giusto! Al settimo frazionamento Egli si riposò!>.

Finalmente…….

Da giù: <Scendiiiiiiiiiiii!>.

Organizziamo la discesa decidendo di chiamare “corda libera” superato il secondo frazionamento. Sono le 12,30.

Arrivati sulla base del pozzo dopo una sequenza di otto frazionamenti quasi tutti sulla stessa verticale (di cui l’ultimo su vuoto) e una discesa di circa 65 mt, si apre davanti a noi una sala veramente grande.

Un salone di crollo in discesa, sulle quali pareti e alla loro base il riconcrezionamento ha disegnato degli splendidi speleotemi: dalle enormi colate alle enormi fette di prosciutto, dalle colonne alle vaschette.

Veramente bello!

Col primo gruppo di discesa facciamo un giro in tondo fino alla base della cavità, per poi tornare al punto di risalita godendo della vista di cotante meraviglie. Nel frattempo gli altri continuano a scendere.

Una volta scesi tutti, il primo gruppo è pronto per la risalita. Sono le 14,30.

Michela si impegna a disarmare.

Risaliamo sempre lasciandoci due frazionamenti di distacco e, a parte Daniela Pinna con la fettuccia dell’imbrago tra corda e kroll (pappingiu, mera pappingiu!) e Raffaele incristato per una mezzoretta nel primo frazionamento in basso (stanchissimo), una pietra vola giù quasi dall’uscita del pozzo, sfiora Riele sul terrazzino, rimbalza e, arrivata alla base, si frantuma come una mina antiuomo colpendo nella spalla destra Daniela Sanna che, nel frattempo, si era riparata sotto un tetto di roccia.

Ci preoccupiamo. Grazie al tam tam degli speleologi in corda, sembra che Daniela possa risalire da sola stringendo un po’ i denti per il dolore. Pierluigi ci dice di andare. Siamo fuori in sette e sono le 16,30.

Arrivati alle macchine, ci cambiamo e prepariamo il campo (fuoco compreso), in attesa del resto del gruppo e di avere notizie di Daniela.

Arrivano alle 18,30. La nostra sfortunata ha una piccola escoriazione e dolore (più o meno sopportabile), ma per fortuna la spalla non sembra gonfia e la può muovere. Le consiglio di andare al Pronto Soccorso al più tardi l’indomani, se il dolore persiste, poiché non vuole andarci la sera stessa. Come farà a mescolare e riscaldare le seppie con piselli che ha portato, se la spalla le fa male? Dubbio atroce!

Comunque, grazie al nostro sfacciato culo, sembra che tutto sia andato bene.

Possiamo dar fuoco alle polveri……..e ai fornelli da campo, per cuocere tortellini con pancetta e panna e seppie con piselli, sul fuoco la carne e gli arancini siciliani (o arangini, come li chiama Lucio nonostante le ripetute correzioni), il tutto contornato di formaggi, salumi e…….. vino a fiumi!

La partenza con Stefano è prevista per le 20,00 (precise), ma già  stiamo tutti pensando al ponte dell’8 dicembre. 
Un altro grado di difficoltà per i nostri nuovi amici, che si sono comportati bene.

Una pallina in meno per noi che non abbiamo pensato di ricordare al gruppo che, se stiamo scendendo o salendo in serie in corda, gli speleologi che stanno sopra gli altri non devono portare il sacco appeso al baricentrico, ma in spalla, in maniera tale da non smuovere con esso alcun tipo di materiale che potrebbe finire giù.

La cavità sembrerebbe armata in questa maniera dal giorno in cui è stata esplorata. Dovrebbe essere attrezzata nuovamente, in quanto nei frazionamenti in basso la corda gratta maledettamente sulla roccia anche per lunghi tratti.

Grazie a tutti per lo splendido fine settimana

Categoria: Attività, Primo Piano, Relazioni, Speleologia

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