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Escursione al Medros 13.11.2021

Medros ( che forse è un anagramma ).
Ovvero, la mia prima uscita post corso.

Mercoledì, appena Lorenzo annuncia il programma, ci penso un attimo ( mi piacerebbe! ) e mi dico che non posso farcela: sono un piombo e rallenterei troppo il gruppo.
“No, no: io non ce la posso fare! Mica sono un ragnetto come Lori e Marco”.
Ma subito mi dico che si inizia con le cose difficili; anche con quelle che mi sembrano irraggiungibili. D’altronde, poco più di un mese fa, non avrei mai pensato di fare quello che sono riuscito a fare.
Il corso mi ha cambiato la vita.
Sticazzi! Mi metto alla prova e chiedo il sacco a Ermanno. Si va con i ragazzi!
Domenica, sveglia prima dell’alba, pimpante come solo un anziano può essere.
Appuntamento alle ore sette con il gruppo assortito, di esperti e novellini, in quel di Elmas. I ragazzi sono tutti positivissimi.
Io, l’istituzione Mereu, Nicola e Miriam scrutiamo il cielo con diffidenza…
Sistemiamo sacchi, cestini da picnic, borse-frigo e partiamo.
Dopo qualche chilometro, il cielo diventa sempre più scuro e la pioggia battente. Proseguiamo.
In prossimità di Domusnovas siamo sempre più titubanti ( almeno io e Miriam che viaggia con me )… “Piove troppo. Come si fa?”, dico.
Arrivati alla Chiesa di San Giovanni, attraverso i finestrini appannati, vedo Lucio che mi sorride sarcastico e scuote la testa. C’è aria di rinuncia. Si ipotizzano scioppini al bar di Domusnovas. Altro che grotta!
Comunque, scendiamo dalle auto e iniziamo a prendere tute e scarponi.
Lorenzo e Marco ci indicano un capanno in mezzo alla vegetazione, per cambiarci al coperto. Percorriamo un tratto su un sentiero che si sta trasformando in torrente. Il poncho impermeabile non ce la fa a trattenere tutta l’acqua che cade.
Nel riparo improvvisato per i cacciatori, scritte sgrammaticate, mi fanno pensare che lì si svolgano attività poco attinenti con la caccia, piuttosto intense attività ginniche, tra coppie di adolescenti, con il grado di istruzione di un criceto.
Ci cambiamo, spariamo scemenze, ridiamo, pensiamo sempre a rinunciare. Troppa poggia e aumenta pure. Io perdo speranza e coraggio. Mi sembra impossibile fare la grotta in queste condizioni. Penso di andarmene.
Ritorniamo alle macchine camminando nell’acqua, lì ci sono Lorenzo e Marco che ci aspettano: “Noi saliamo ad armare!!!”
Li guardo. Sono fradici, hanno i sacchi pesanti… I loro occhi brillano. Sono gasati, determinati, felici.
Allora penso a quanto sono in gamba questi ragazzi. Lori è un vero caposquadra.
Marco mi dice premuroso: “Vi monto un tendone all’ingresso della grotta, raggiungeteci”.
Mi caricano di fiducia e mi convinco di tentare.
Il sentiero è accidentato e tutto in salita, l’acqua inizia ad attraversare la tuta. Arranco, si scivola. Vado avanti seguendo il manipolo di quelli che mi sembrano degli allegri incoscienti. Mi sono sempre piaciuti gli allegri incoscienti.
Finalmente arrivo col fiatone all’imboccatura del pozzo. Il tendone è già montato e ci offre un riparo sufficiente. Stanno armando con arte la parete. Non sono tanto vicino all’imboccatura da vedere quanto è profondo. Lo so già. La profondità non mi spaventa. Penso alla fatica…E di nuovo mi dico: “Sticazzi! Mi hanno detto che ci posso riuscire e allora ci devo riuscire”.
Sensei Lucio, fa sistemare due corde: esperto e novellino devono scendere insieme.
I primi iniziano la discesa.
Quando arriva il mio turno, Lucio torna su. È venuto a prendermi. Così cominciamo a calarci ed ecco il primo frazionamento. Lucio, dall’alto della sua esperienza, mi segue, mi incoraggia, mi sprona ad essere metodico, mi svela trucchetti ( che per me sono utilissimi ), scherza e io rispondo con le mie solite minchiate, perché va bene faticare, ma sorridendo si fatica meglio. C’è qualche ingarbugliamento che mi aiuta a risolvere.
Frazionamento. Altro frazionamento. Scendo leeeeeeento.
⁃ Adesso il maestro mi manda a quel paese!
Dopo l’ultimo frazionamento, la corda è lunga fino alla base del pozzo. Vado sereno e sollevato. Lucio mi supera e mi aspetta. Appena poggio i piedi, in equilibrio precario perché si scivola, lui mi afferra per la collottola e mi trascina lì a due passi, in un punto stabile e sicuro. Mi sgancio maniglia e discensore e vado felice sul perimetro del pozzo.
Ce l’ho fatta! Per me è come aver terminato un Ironman di Triathlon. Ringrazio Lucio e le mie scadenti fibre muscolari.
Mentre aspettiamo gli altri, si ride ancora e Marco mi da delle dritte.
Questi ragazzi sono proprio fighissimi. Non sembrano far parte di quella generazione sperduta nel suo niente.
Quando il gruppo si raccoglie, rivolgiamo un pensiero a Nicola che, pur non potendo scendere, ci ha dato tutto il supporto possibile, prima di correre via, in ritardo per i suoi impegni.
Ci muoviamo. Iniziamo la discesa attraverso una galleria scivolosa e in pendenza. E poi strettoie, un’altra galleria, strettoie brevi, un punto più ostico dove ci aiutiamo a scendere con una corda, una strettoia lunga a esse dove mi incastro due volte con gli attrezzi ( e il girovita! ) e mi districo con fatica, ma relativa velocità.
Faccio come sempre: pure stanco, mi prendo i miei tempi lenti, pragmatico, cerco soluzioni e appigli sicuri. Miriam mi aiuta attentissima.
Certo che sembro sempre un bradipo anestetizzato!
Meno male che nessuno mi fa mai pesare il mio essere piombo.
La grotta è fangosa, viscida e infida. Piedi e mani faticano a trovare punti sicuri. Ma la natura toglie e da: gambe e braccia sono abbastanza lunghe per aiutarmi.
La grotta per me è fantastica. Ci sono stalattiti, stalagmiti, vele, concrezioni ramificate, quelle che penso siano pisoliti bellissime. Stefania, scatta mille foto straordinarie con il suo magico cellulare.
Scendiamo, scendiamo, scendiamo.
Alla fine Marco,Filippo e Andrea mi mostrano un piccolo laghetto. Mi sento un bambino al Luna Park!
È un altro mondo. Un pianeta sconosciuto racchiuso nella crosta terrestre. Qui sono concentrato, sereno, lontano dai mille problemi che mi aspettano in superficie.
Facciamo una sosta e riparto. Vado di croll e maniglia e risalgo la corda, nella galleria che ci separa da una piccola stanza e aspetto i ragazzi. Di nuovo la lunga strettoia e poi ci fermiamo a mangiare con Lorenzo, Marco e Filippo. Cazzeggiano e ridono dividendosi il cibo. Bravi ragazzi!
Io mi costringo a mettere qualcosa sotto i denti per darmi energia.
Una farfallina con le ali che sembrano cromate, mi svolazza intorno, forse disturbata dalla luce, poi si nasconde, dietro una concrezione sulla parete.
Marco e Filippo vanno. C’è una strettoia in alto. Lorenzo dietro di me aspetta che la superi. Mi guardo intorno dubbioso, trovo due appigli e la supero in un attimo. Lori, mi sottolinea a modo suo che i miei dubbi a volte sono superflui. Sorrido perché ha sempre ragione da vendere.
Risaliamo fino al pozzo. Eccoci! Inizio a pensare alla salita. Penso sempre alla fatica…Farò piano piano, mi fermerò. So che il mio fisico da invertebrato mi creerà difficoltà. Salire non è come scendere. Ma tant’è… Ce la devo fare!!!
C’è sempre Sensei Mereu che mi aspetta.
Chiacchieriamo, spariamo cazzate e ridiamo molto, mentre i primi iniziano la risalita.
Lucio, malgrado le mie rimostranze, decreta che il mio sacco è pesante, così lo porta su Lorenzo, unendolo ai due grandi. Parte stracarico come se niente fosse. Mi sento una nullità!
Tocca a me. Li sopra ci sono cinquanta metri e una luce in fondo al tunnel. Inizio a salire e Lucio, sempre mi incita e mi da sicurezza. Ma quanto cazzo è forte quest’uomo? Quanta tranquillità riesce a infondermi?
Procedo pianissimo. L’imbracatura è scomoda e mi provoca un dolore lancinante all’inguine sinistro. Si arrotola e stringe troppo. Non sono riuscito a sistemarla come quella del corso, questa è più rigida è rovinata.
Lucio capisce che mi fa veramente male, mi consiglia, mi concede qualche ginocchio sulla parete e la postura che mi provoca meno fastidio.
A metà pozzo penso che non avendo messo gli elastici nelle caviglie e con le gambe della tuta libere, la gonade sinistra si sia staccata e uscendo dalla tuta, sia precipitata finalmente nel pozzo. “Vabbè… Lasciamola lì che tanto ne ho un’altra e poi, per quello che serve, ormai…”
Lucio ride.
Arriviamo all’ultimo frazionamento. Ormai sono stremato e i pochi metri che rimangono mi sembrano eterni.
Mi fermo. Sensei Mereu – secondo me l’ho fatto uscire pronto per il compleanno dei novanta – mi percula lanciandomi pallottole di fango. Non riesco neppure a ridere forte!
Mancano tre metri…
Quando Lorenzo, Stefania, Andrea e Miriam, mi vedono uscire dal pozzo devo sembrare Samara… Me ne sparano certe per farmi ridere!
Ormai sono praticamente fuori, Lucio mi dice di usare la maniglia per l’ultimo tratto di corda, ma con le poche forze rimaste punto i piedi, mi aggrappo alla corda, mi sollevo in piedi ed è finita. Lori fa una battuta sulla mia altezza. Saluto con un filo di voce: “Buonasera”. Ridono e rido anch’io.
⁃ Bravo Ale! Come è andata?
⁃ Ho avuto visioni mistiche tra il sacro e il profano. Un’alternanza di tutti i Santi del calendario, che mi osservano, scuotendo la testa con disapprovazione e flashback di film di Tinto Brass, ma dove il culo era il mio.
Aspettiamo Marco e Filippo. Smontiamo il tendone e i ragazzi smontano l’armo.
Si è fatto buio. Non piove. Mentre eravamo dentro è venuto giù il mondo, ma non ci siamo accorti di nulla. Eravamo in quell’altro pianeta di Jules Verne.
Scendiamo cercando il sentiero con la luce dei caschi.
Alle auto ci cambiamo, facciamo, tutti contenti, le foto della cricca e decidiamo di mangiare qualcosa.
Fuori tavolini e sedie! È di nuovo condivisione di pasta, pane, pancetta, salsiccia, formaggio…birra e vino ( buono quello della vigna Mereu! ).
E ancora li guardo con immensa gratitudine. Sono tutti belli. Stanchi e felici.
Questo è un gruppo vero!!! Quanti sorrisi! Una cosa rara. Li adoro.
Grazie a Lucio per la pazienza e i consigli.
Grazie a Marco per l’attenzione nel “sorvegliarmi”, per le dritte e per i sorrisi di incoraggiamento.
Grazie a Stefania, Andrea e Filippo per l’affetto e le tante risate.
Grazie a Nicola per il supporto fondamentale, malgrado il viaggio che lo aspettava.
Grazie a Miriam, sempre presente e premurosa come una mamma.
Grazie, soprattutto, ultimo, ma non ultimo a Lorenzo. Quel piccolo ragazzo che è stato un capo gigante.
Che organizzazione e che uscita!
Alla fine si deve rientrare e così a Elmas ci siamo lasciati soddisfatti.
Che bella giornata!
Sono rientrato a casa pensando: “Mi avranno dato per disperso?”.
Film mentali di cliché classici: mia moglie che, rassegnata alla vedovanza, si sarà fidanzata con l’idraulico e mia figlia intenta a vendere le mie cose su eBay…
Apro la porta di casa e penso solo all’acqua calda. Mi fanno male anche i muscoli piliferi.
Finalmente entro in bagno, guardo il tubo della doccia sul muro e penso: “MINCHIA! UN ALTRO FRAZIONAMENTO!!!”

Alessio A.

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