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Codula Fuili 2006

ATTIVITA’: Canyoning
DATA: 06/08/2006
COMUNE: Dorgali
LOCALITA’: Cala Gonone
CAVITA’, GOLA O SENTIERO: Codula Fuili
ORGANIZZATORE   DELL’USCITA: Barbara Mascia
PARTECIPANTI E GRUPPI DI APPARTENENZA: Andrea Loi, Riccardo Mascia, Barbara Mascia, Sadia Minichini, Valeria Ritzu, Raffaele Schirru, Carlo Taccori, Angelo Vigo, tutti GSAGS;  Caterina Vigo (sorella di Angelo), Rosita Frapiccini (sorella di Sadia) e Samuela Sotgiu (moglie di Angelo), aspiranti GSAGS

Sveglia ore 6:00; detinazione Cala Fuili.
La compagnia è composta da undici persone divise in tre auto. Arriviamo sul posto che non sono ancora le 10:00 e ci rallegriamo della giornata insolitamente fresca per il mese di agosto. Dal momento che la nostra discesa sarebbe terminata in spiaggia, decidiamo di lasciare la macchina di Carlo al punto di arrivo e salire soltanto con le atre due, in modo da non dover risalire tutti a piedi a riprenderle. Dividiamo armi e bagagli e, dopo qualche incertezza sulla strada da prendere, finalmente arriviamo al punto esatto. Ultimi preparativi e si va!
Seguiamo tutti Raffaele che avanza a passo di marcia. Io, alla mia prima discesa, mi sento molto fiera della mia andatura spedita nonostante lo zaino sulle spalle pesi come un bambino di 5 anni! In realtà dopo dieci minuti, sacrificando un po’ della mia fierezza, mi vedo costretta a rallentare per entrare in “modalità risparmio energetico”.
In poco tempo eccoci al primo salto. Siamo soltanto in tre a non aver mai usato un imbrago in vita nostra, io, Samuela e Rosi, così ci affidiamo alle cure di Valeria, Barbara e Sadia. Ci spiegano cos’è una discesa “in corda doppia” ma soprattutto che caspita è un “discensore a otto” e come si usa. Il primo salto è fortunatamente breve e comunque suddiviso in due parti… Io e Samuela da sole impieghiamo a scendere lo stesso tempo degli altri nove… Ma ce l’abbiamo fatta e siamo orgogliose di noi stesse!
 Altro breve tratto a piedi. Secondo salto. E qui resto per alcuni secondi senza fiato: siamo dentro una gola profonda una ventina di metri chiusa da pareti rocciose che lasciano visibile appena uno squarcio di cielo qualche metro sopra le nostre teste. Ora le vie sono due. Nella prima è necessario percorrere un breve tratto allongiati ad un traverso per raggiungere l’armo; nella seconda si scende direttamente. A noi principianti si pone una scelta ardua. L’unico vantaggio della prima via è che si scende sulla verticale, mentre la seconda parete è un po’ più “movimentata”. A me e Rosi tanto basta e, suscitando qualche perplessità, scegliamo la prima via. Questa volta ho un po’ paura. Arrivo senza intoppi all’armo, dove Valeria aspetta per aiutarci. Da qui in poi PANICO! Inserisco la corda nel discensore, ma la parte libera mi risulta sulla mano sinistra, Valeria recupera la situazione con qualcosa che a me appare come un gioco di prestigio, comunque la corda passa ora sia nel discensore che nel moschettone ; l’ultimo passo è staccare la longe dal traverso, che arriva all’altezza della mia spalla, col risultato che più che assicurata ci son appesa e, per quanto mi sforzi, non riesco a tirarmi abbastanza su da “scaricare” la longe e liberare il moschettone. Ancora una volta mi salva la provvidenziale presenza di Valeria. Insomma, mi tremano ancora le gambe ma inizio a scendere e pian piano mi calmo. Ma la corda è pesante e il mio peso scarso, così per scendere ho bisogno di accompagnarla, tenendo la mano molto vicina al discensore. Ad un tratto il mio guantino viene risucchiato tra  corda e  discensore. Mi appello a tutti i santi del calendario, prendo fiato e tiro via la mano con forza: operazione riuscita! In pochi secondi ho di nuovo i piedi per terra… sono emotivamente distrutta!
Terzo salto, una decina di metri. Mentre Barbara arma e noi altri poltriamo un po’, la nostra attenzione è richiamata da una colorita esclamazione di Carlo, il cui significato è circa: “acciderbolina, come sono distratto!!”. Lo fissiamo perplessi mentre continua a coprirsi il viso con le mani preso da profondo sconforto. “Ho lasciato le chiavi della mia macchina nella macchina di Andrea “. Tradotto vuol dire che, arrivati in spiaggia, dovremo farci “un’oretta” di salita a piedi per tornare alle macchine. Ma la sua espressione, che da questo momento in poi si manterrà tale, è talmente mortificata che gli unici commenti possibili sono di consolazione piuttosto che di rimprovero… Intanto tuoni e fulmini sempre più vicini e frequenti ci fanno notare che non è il caso di temporeggiare oltre! Quando la metà del gruppo è già scesa, siamo costretti ad una sosta da un  violento acquazzone accompagnato da chicchi di grandine grandi come ceci. Il temporale infine si placa. Quelli rimasti bloccati su raggiungono gli altri e, umidi e affamati, ci prepariamo per l’ultimo salto, mentre dalle pareti intorno a noi iniziano a rotolare sassi resi instabili dalla pioggia (ora ci credo che il casco ha una sua utilità oltre a reggere la luce in grotta, e che la caduta di sassi non è un’ipotesi “assurda”come l’avevo definita il giorno prima).
L’ultimo salto è davvero “ridicolo” come lo definisce Sadia: tre metri circa.
Così ben presto ci ritroviamo tutti stravaccati in una radura a riempirci la pancia. Ma lo sbrago dura poco perché l’eco di quella che crediamo essere una frana, poco più avanti, ci sprona a rimetterci in marcia e raggiungere la spiaggia il prima possibile. E così è. E la nostra escursione giunge così al termine.
Ah! Alla fine anche la questione delle macchine si sistema grazie a due turisti che, forse impietositi dalle nostre facce, offrono a Carlo e Andrea un passaggio, risparmiandogli una camminata non indifferente

Categoria: Attività, Speleologia

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