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La grotta di Su Palu sarebbe potuta essere stupenda se….

ATTIVITA’: Speleo
DATA: 26/27-01-2008
COMUNE: Urzulei
LOCALITA’: Codula di Luna
CAVITA’, GOLA O SENTIERO: Su Palu
ORGANIZZATORE DELL’USCITA: Lucio Mereu
PARTECIPANTI E GRUPPI DI APPARTENENZA: Lucio, Gino, Tore, Alessandro, Marco, Piero, Cristina, Massy… tutti GSAGS

“..se Marco non fosse stato così lento e stanco …stanco…lento”
Questo è il tormentone che ha accompagnato il nutrito gruppo, per tutto il “viaggio” di rientro dalla spiaggia di Capo Spartivento (o per lo meno, questo sembrava il campo di El Alamein), alle macchine ed anche oltre.
Nel caso di Marco, Piero, ed Alessandro, molto, molto oltre, fin nel più interno e inesplorato Supramonte
Insomma, la storia comincia in maniera un po’ ingarbugliata, ma ora vi spiegheremo tutto.
8:40, appuntamento a casa di Piero, con successiva e totale invasione della macchina di Alessandro, poi via, partenza per la prima tappa: cimitero di Monserrato.
Lì, puntuale come il canone RAI, il buon Lucio ci attende nella sua nuova, stupefacente, assicuratissima e revisionatissima “Renault Megane Scenic”.
Appena il tempo di salutarci, con baci e abbracci a profusione, ed arrivano Massimiliano e Cristina: squadra al completo, si parte in perfetto orario, destinazione Barisardo, per il congiungimento con il resto della spedizione, a cui mancano solo Gino e Salvatore, che si uniscono alla Banda, con puntualità teutonica.
Dopo le presentazioni varie, caffè e cioccolate vagamente emetiche (povera Cristina), pendiamo dalle labbra di Lucio, mentre ci racconta di luculliane libagioni, a base di zucca e focacce degne di un re.
Lucio organizza il gruppo, che difatti, si perde dopo circa dieci secondi, a causa della partenza sprint del nostro coordinatore, che ci lascia soli alla ricerca del panificio fantasma, ma i nostri modesti veicoli, non reggono le performance della supercar Lupesca. Insomma… ma dove caz.. è finito Lucio? “Iniziamo bene!” ci diciamo.
Alessandro tra se e se dice “Oh Lucio non è che tutti i giorni vado a comprare il pane a Barisardo”.
Ci fermiamo quindi all’uscita del paese, dove chiamiamo il desaparecido e prenotiamo tre pizze, con l’acquolina in bocca, di un lupo nel mezzo del gregge di Heidi.
Da li in poi, il viaggio prosegue senza intoppi, e finalmente arriviamo a Teletottes.
Ci sediamo sull’allegro ponticello che sembra costruito con i Lego e iniziamo a ritempraci con le meravigliose e leggerissime pizze.
Mai nella storia di tutte le pizze del mondo, s’è vista una tale intrisione d’olio, ci son voluti due fazzoletti a testa, solo per reggerla in mano, senza che sgusciasse come  un’anguilla marmorata.
La fame però e tanta e tra un pudico ruttino oleoso e un bicchiere di birra, iniziamo la vestizione, mentre Lucio si profonde in esaurienti spiegazioni sulla grotta e sul percorso che c’attenderà da li a poco.
Finalmente ci siamo: l’ingresso della grotta è li davanti ai nostri occhi. Ma che ci fa un cancello con lucchetto e catena?
“Tutto regolare” ci rassicurano gli anziani pionieri: bisogna semplicemente “forzare” il cancello e passare strisciando in una piccola apertura.
L’inizio promette bene, non siamo neanche entrati che già si deve strisciare ed avanzare a carponi.
Prima tappa: discesa in una diaclasi in diagonale, baricentrico, sacco appeso, discensore e via finalmente l’avventura ha inizio.
Informativa tecnica per la discesa: “Il segreto, vista la ristrettezza degli spazi è quello di scivolare utilizzando il fianco avendo l’accortezza di non infilarsi in strettoie eccessive, il rischio è quello di incastrarsi”.
Un solo membro della compagnia si è incastrato, però noi non faremo il nome, di costui che ha oltremodo rallentato la nostra marcia. Mai!
Ricompattato il gruppo si va verso lo spauracchio che tanta selezione ha operato sugli speleo che hanno sfidato il Gigante: Il sifone.
Lucio si immerge nelle acque termali, a sprezzo del leggero rumore del pack che si rompeva sotto il suo peso… vabbè, non c’era proprio il ghiaccio in superfice, ma la sensazione era quella.
Comunque, fischiettando allegramente giunge dall’altro lato.
Nel frattempo Gino e Salvatore iniziano la predisposizione degli zaini che dovranno essere tirati mediante un cordino da Lucio;
Una sorta di mega salsicciotti gialli.
L’operazione procede rapida e senza intoppi e qualcuno suggerisce di buttarsi in acqua di botto in modo da ridurre l’agonia del passaggio.
Piero segue il “saggio” consiglio, si tuffa impavido e dopo un secondo che sembra un eternità, si dissocia in corpo fisico e astrale.
Con quello fisico ringrazia in aramaico antico, l’autore del suggerimento.
Nessuno è però in grado di riferire la traduzione del tolale, ma sono alcuni stralci, tra cui “Kunh’u”, “Petz’ehm er dah” e qualche altro augurio di fecondità.
Gli altri iniziano timidamente a bagnarsi urlandosi a vicenda “Non fa male, non è fredda, non fa male, non è fredda”.
Umidi, ma felici (avete presente come ci si sente uscendo dallo studio del dentista dopo avervi soggiornato al suo interno per più di un ora? Felici , che sia tutto finito) si prosegue il cammino.
L’interno della grotta, diventa sempre più suggestivo man mano che si prosegue, Lucio va subito in testa e ci guida in una sala con delle splendide vaschette, che termina con una piccola piscina colma di acqua limpida e trasparente.
Se non avessimo appena mangiato,si potrebbe fare un bagnetto,ma la mamma dice che devono passare almeno tre ore prima di aver digerito.
Peccato sarà per la prossima volta.
Si prosegue poi in direzione del campo, con delle brevi soste per assaporare le fresche acque che scendono lungo le rocce e contemplare antichi reperti fallici lasciati dagli indigeni del luogo.
Esiste un ampio reportage fotografico, a cura del buon vecchio Erbì, che a pagamento potrà essere visionato dai più curiosi.
“Attenzione a su latti e monti” esclama Gino “Attenzione a che?” risponde Alessandro, che come molti sanno ha una formidabile capacità di comprensione della lingua Sarda, traducendo la frase in qualcosa del tipo “latte di bue”.
Il sospetto è che il latte a cui facesse riferimento Alessandro, non fosse in dotazione alle mucche, ma ai loro corrispettivi maschili…. Vabbè.
Finalmente si giunge alle grandiose cascate di Su Palu, a cui ci si avvicina con una discesa in corda con frazionamento.
A questo punto, i conoscitori più attenti del Gigante, sapranno che in realtà nella discesa per arrivare ai “traversi” non esiste un frazionamento, bensì una piccola deviazione con fettuccia, per poter arrivare più agevolmente al piccolo scalino da cui iniziare la progressione in opposizione nella diaclasi.
Alessandro non la pensava così, ma credeva che la deviazione potesse esser interpretata come un frazionamento, da superare “allongiandosi” al moschettone pendente dalla fettuccia.
Chiamarla fettuccia, significa volerle bene, perché oramai era ridotta ad un trefolino fetente di cordicelle vicine tra loro, con una sicurezza di carico, pari a ZERO.
Piero dall’alto, con la sua solita diplomazia, ha gentilmente fatto notare l’errorino al buon Ale, con la frase “ALEEEE, CHE CAZZO STAI FACENDO!?! CHIUDI QUEL DISCENSORE, VAI GIU E APRITI LA TUTA, CHE QUANDO SCENDO TI INC….”, poi la voce è stata sovrastata dal rumore della cascata, e non s’è capita la prosecuzione della frase…
… si mormora che qualcuno li abbia poi visti in romantici approcci sotto lo stesso telo termico, in attesa di intraprendere la diaclasi in uscita; ma questa è un'altra storia.
Una “semplice” successione di traversi ci porta alla seconda discesa fin nel letto del fiume.
Un momento: discutiamo del concetto di semplicità:
1. stiamo parlando di un passaggio a circa 20 metri di altezza
2. sotto scorre impetuoso il fiume
3. per proseguire devi passare da una parte all’altra della parete attuando con lo zaino in spalla manovre in spaccata alla Carla Fracci

MA VAFF..

Comunque impavidi, proseguiamo il cammino attraversando il fiume che scorre all’interno di un canyon la cui distanza delle pareti è di circa un metro di larghezza.
Il passaggio è veramente suggestivo, ad alcuni scende una lacrima., anche se il sospetto è che non fosse dovuta alla commozione, ma al livello dell’acqua che ha raggiunto il contenuto dei boxer.
Finalmente il lago: semplicemente meraviglioso, una confluenza tra i due fiumi che si gettano in un chiarissimo specchio d'acqua, con riflessi verdi e fondo bianco, almeno fin dove riusciamo a vedere.
Finalmente arriviamo al campo e consultiamo il cronometro: quattoro ore.
Lucio è soddisfatto della sua squadra, i tempi di marcia sono stati rispettati, ci facciamo i complimenti siamo proprio tosti.
I più attenti nella lettura si domanderanno “Ma Marco non era stanco e lento?”, con calma, fra un po’ sveleremo il perché della prefazione.
A questo punto occorre decidere il programma per il resto della serata: cena e poi a nanna sotto le stelle, oppure uscita per un caffè con gli amici?
I pareri sono discordi, Piero è stanco, ha dormito poco la notte prima non se la sente di tirare fino a tardi “, poi non abbiamo neanche prenotato, alla fine gireremo inutilmente senza trovare  un luogo dove fermarci” è la sua giustificazione.
Marco impietosito per lo sguardo da cucciolo stanco ed abbandonato decide di fargli compagnia.
Il resto della comitiva non se la sente di rimanere a casa “è sabato sera, non possiamo fare i pensionati”.
Si parte: Lucio in testa guida la carovana, un amico gli ha detto dell’esistenza di una caffetteria pittoresca che si affaccia su un laghetto veramente bello: “Caffetteria da Gino”  località sa Ciedda.
Durante il tragitto abbiamo modo di osservare una serie di luoghi turistici caratteristici: le bianche sabbie di “Sand Creek” dove abbiamo provato l’ebbrezza di lasciare “per primi” le nostre impronte impresse su quella spiaggia, i cunicoli di “El Pejote”, la fantomatica “Lilliput”, dove prendi ulteriormente coscienza di quanto siamo piccoli rispetto alla maestosità dell’universo, “Il lago delle fate” dove rimani incantato ad ammirare la miriade di canule, eccentriche, che “risplendono” alla luce tenue dell’acetilene.
La “Caffetteria da Gino”  è sita in un luogo pittoresco, il servizio è stato eccellente, il caffè … vabbè, non è che uno dalla vita può avere tutto.
Dopo aver ringraziato il gestore del locale, l’intenzione di Lucio era quella di andare a trovare un suo vecchio amico in località Bella'Mbriana, ma Cristina comunica al resto del gruppo di avere la maniglia sola a casa che l’aspetta e siccome è una maniglia particolarmente apprensiva non può fare troppo tardi.
Si rientra al campo e dopo aver consolato e rassicurato l’attrezzo, si decide di concludere la serata con una cenetta romantica.
Come da tradizione Spanottiana ognuno prepara qualcosa: il menù è ampio e variegato, si va dalla zuppa di verdure alle pennette allo scoglio, formaggi e carne a volontà verdura, frutta di stagione, caffè ed ammazza caffè.
Nel corso dei preparativi non mancano gli incidenti domestici, si sa che la maggior parte degli infortuni capitano in questi luoghi.
Alessandro intento nella preparazione di una succulenta zuppa di patate e funghi porcini, viene tradito dal manico della sua pentola e vede rovesciare in terra in prossimità di ciò che egli ha più caro: i gioielli di famiglia.
Il tutto mentre Piero e Marco dormivano avvolti nei loro sacchi a pelo, o meglio cercavano di dormire, poiché il banchetto “degenerava” con schiamazzi e risate a causa degli effetti psicogeni del vino che Lucio aveva gentilmente offerto ai suoi ospiti.
Il nettare in questione era un antica bottiglia che agli albori della speleologia, Lucio conservò nella grotta di Su Palu in previsione di questa uscita.
Ottimo aceto balsamico!
Finalmente il meritato riposo, l’oscurità della grotta incombe, è una sensazione unica per chi non l’ha mai vissuta.
Ti trovi immerso nell’oscurità più profonda e per quanto i tuoi occhi cerchino di abituarsi al buio nel vano tentativo di cogliere sprazzi di luminosità, il buio vince .
Peccato che Massimiliano avendo paura del buio, tenesse accesa una mezza candela che getta uno sprazzo di luce nell’oscurità “mi fa compagnia e poi rende più gestibile il campo nel caso uno dovesse alzarsi la notte”.
Ore 07:30 un’orologio trillante, sveglia il campo. Tante piccole luci si accendono e rischiarano la sala, il tempo di fare colazione, cimentarsi in attività di toeletta, sistemare i sacchi e siamo pronti, si ma che si fa?
Piero e Marco optano per una visitina all’ultima stanza in fondo a destra, presto raggiunti da Lucio, che interrompe “l’attimo” di Marco, che aveva scelto come postazione espletativi, esattamente il passaggio che la truppa, avrebbe dovuto attraversate da li a poco.
Ovviamente il discorso s’è tenuto a breve distanza esattamente nel momento “clou”, senza che la nostra guida, si preoccupasse minimamente di interrompere l’atto quotidiano del buon Marco.
Vi assicuro, scena esilarante!
Lucio nel suo desiderio filantropico di condividere la conoscenza, con tutti noi, vorrebbe condurci fin nei più remoti meandri della grotta.
Marco propone di tornare indietro, in modo che si possa goderci la grotta, camminando con tranquillità, senza il bisogno di correre, in modo da ammirare tutte le cose che il giorno precedente, abbiamo solo visto passare.
Lucio è stupito: “Ma perché siamo andati troppo veloci all’andata? Se stavamo correndo o se eri stanco potevi dirmelo che avrei rallentato la marcia!!”.
Marco tenta di far notare a Lucio che non intendeva dire quello, che la velocità del giorno precedente, non era al di sopra delle facoltà umane, ma Lucio insiste “Se eri stanco o andavamo troppo veloci potevi dirlo”
Insomma i tentativi di capirsi, sono andati avanti per un po’, ma sembrava che i due avessero qualche difficoltà., forse appartengono a due etnie differenti!
Insomma, gruppo alla fine ragionando sull’accaduto è giunto alla conclusione che se Marco era stanco avrebbe potuto anche dirlo e di conseguenza sarebbe stato molto meglio ritornare verso l’uscita.
Per il ritorno, al fine di evitare una lunga attesa bagnata alla diaclasi in uscita si decide di formare due gruppi:
1. Lucio, Salvatore, Cristina, Marco, Massimiliano
2. Gino, Piero, Alessandro
Il primo gruppo dovrà distanziare il secondo in modo che al loro arrivo la diaclasi sia libera.
Durante il cammino si ha la possibilità di osservare la grotta da prospettive diverse, si cerca di fissare nella memoria il percorso che si è effettuato, ci si stupisce ancora della bellezza di alcuni luoghi, si fa pace con i propri muscoli che iniziano a brontolare per il troppo lavoro.
Il temuto sifone è ormai alle porte, questa volta niente tuffo, ci si bagna con attenzione per abituarsi all’acqua. Gino supera il sifone ed è pronto per tirare i sacchi, dall’altro lato Piero è pronto per spingere. Sacco di Gino passato, sacco di Piero passato, sacco di Alessandro: bloccato.
Gino tenta inutilmente di tirare, nulla da fare, Piero, completamente immerso nell’acqua, ritira il sacco un po’ più indietro e via Gino ci riprova, ma nulla da fare.
Nuovo tentativo, non si riesce a convincere il sacco, ha paura si dimena e piange, Piero ormai percuote violentemente il sacco, ed inizia a guardare con odio ferino Alessandro, che capita l’antifona decide di infilarsi nel sifone, portando il sacco con se.
Finalmente, si getta impavido nelle acque termali (così si dice fra se e se per rincuorarsi) e raggiunge il sacco e lo libera da uno spuntone che impediva il passaggio.
Alessandro è infreddolito però contento, ma la felicità dura solo fin quando il cordino utilizzato per tirare i sacchi si è attorciglia ferocemente alla sua bombola, impedendogli di andare avanti o indietro.
Cerca di arrivare alla matassa, ma la bombola è in posizione infelice, il casco sbatte sulla sommità del sifone ed in quel punto l’acqua gli è quasi alla bocca, tenta più volte di divincolarsi, ma i movimenti lo portano ripetutamente a bere.
Decide di tentare il tutto per tutto si immerge e ruotando assume una posizione “a dorso”  finalmente riesce a raggiungere il moschettone della bombola e sganciarla dal suo imbrago “Evviva ci sono riuscito” urla, ma il cordino si è attorciglia anche nel tubo della.. e che sfiga!!!!
Piero, nel mentre è sempre dietro il contorcente Alessandro e sussurra al compagno davanti a lui amichevoli parole, che potete immaginare.
“Ale, la smetti di giocare con la paperella“e ‘ndi stuppas de custu stampu?!””
Alessandro è al limite della sopportazione, Gino osserva l’evolversi degli eventi, lo spazio è troppo piccolo e lui non può intervenire.
Alla fine Alessandro, sgancia il tubo della bombola e la lancia al di fuori del sifone accompagnado il gesto con un bel “Ma vafffffanculo!”
Alessandro è fuori, Piero raggiunge il gruppo di li a pochi secondi, siamo tutti salvi, stanchi, ma felici, il peggio è passato.
Prossima tappa diaclasi e poi il sole, si prosegue fiduciosi, “Arriviamo e iniziamo velocemente la salita” è il pensiero comune … peccato che il primo gruppo è ancora tutto li.
Hanno deciso di aspettarci … che teneri.
Alessandro e Piero si guardano, e subito: telo termico, e casco sotto a “callentare”.
Il primo propone di ingannare il tempo anche con una tazza di the, ma Piero fa notare che il bon ton, non lo permette dato che non sono ancora le cinque.
È finalmente arrivato il momento della risalita, Gino va in avanscoperta per seguire poi la risalita degli altri, Piero che ha avuto precedenti problemi con l’imbrago è fiducioso, pensa che sia a posto e che i gioielli di famiglia non debbano ulteriormente soffrire ed è pronto per la risalita.
Alessandro mantiene in tensione la corda, sembra che il tutto proceda perfettamente quando dall’oscurità  un urlo disumano “O mio dio che dolore!!!!!!!!”.
Alessandro pensa fra se e se “No, l’imbrago, deve avere ancora qualche piccolo problemino”. Non si capisce perfettamente quello che si sta verificando durante la risalita, il tempo passa e le urla sembrano quelle di un amplesso amoroso, al che Alessandro ricambia  la cortesia e l’incitamento di Piero urlandogli “Piero la smetti di trombare e ti dai una mossa”, sembra che il consiglio abbia funzionato Piero urla “Libera” ed Alessandro sale velocemente speranzoso di trovare la dolce signorina che ha allietato la risalita di Piero, ma con poca fortuna.
Arriva l’odore della terra umida e dell’aria fresca.
“Usciron quindi a riveder le stelle”, avrebbe detto qualcuno, ma ancor più piacevolmente, c’aspettava un sole strepitoso e una temperatura degna d’una calda primavera.
Classico pranzo Spanottiano con l’aggiunta di polenta calda del buon Piero, che Alessandro cucina con maestria, senza attentare ulteriormente alla sua capacità riproduttiva.
Il pranzo è finito, ci manca il caffè e per godercelo, si decide di fare la tradizionale tappa al “Baricentro”.
Stanchi ma felici di ritornare a casa dove, bagno caldo con sali minerali, scaldasonno, pigiama ed orsacchiotto di peluche ci attendono con impazienza, ci dirigiamo verso la strada principale.
Lucio, però, decide di fermarsi a chiacchierare con due carabinieri per istruirli sulle bellezze di Su Palu.
Solo che, i due carabinieri risultano essere appassionati di revisioni, assicurazioni e patenti piuttosto che di grotte, quindi desiderosi di acquisire nuove conoscenze, chiedono a Lucio di visionare gli oggetti dei loro desideri.
Lucio è titubante, non ama condividere queste cose con gli altri, ma anche se controvoglia mostra i documenti della sua “nuova” macchina ai due curiosi militari, che delusi, possono ammirare i bollini di revisione scaduto, e la mancanza del tagliando d’assicurazione.
“Non insistete non è nel mio stile far vedere la mia revisione a tutti”
tenta di chiarire Lucio
“Cosa? Vuole vedere anche la mia assicurazione, non scherziamo, non se ne parla minimamente!”
Questo tira e molla va avanti per circa 45 minuti alla fine dei quali i nuovi amici si scambiano gli indirizzi, Lucio è così contento che decidere di donare alla loro associazione la modica somma di 150 €.
Si riparte … per colpa di Marco che è stanco e lento perdiamo le tracce di Lucio, pazienza si prosegue in solitudine parlottando allegramente.
Chiacchiera chiacchiera ad un certo punto Piero esclama “Ma dove acciderbolinapiripicchiola siamo finiti?” (credo abbia detto qualcos’altro, ma non ricordo) “mi sa che abbiamo saltato un incrocio”
Alessandro è stanco, non vede i cartelli e onde evitare ulteriori giri panoramici decide di cedere la guida a Piero.
Il viaggio si intramezza con un caffè in una “bidda sperdia”e conclude con una birra ristoratrice a casa di Piero.
Saluti e baci e poi finalmente a casa dove ci attende un’attrezzatura da sistemare , che forse aspetterà fino al giorno dopo.
Un ringraziamento è d’obbligo per l’organizzatore dell’uscita: grazie Lucio, in grotta sei sicuramente più affidabile che quando ti cimenti in rinnovi di pratiche automobilistiche.
Un altro ringraziamento va anche a Gino e Salvatore che per la loro partecipazione e contributo.
Infine un grazie anche a tutti gli altri, sono stati due giorni intensi e divertenti.

Alla prossima grotta e relazione annessa.

Categoria: Attività, Speleologia

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