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MA DOVE CAAAAA……….VOLO E’ “SA CRABA”?

ATTIVITA’: Speleo
DATA: 20-01-2008
COMUNE: Domusnovas
LOCALITA’: Sa Duchessa
CAVITA’, GOLA O SENTIERO: Sa Craba (Voragine della Capra)
ORGANIZZATORE DELL’USCITA: Fabio Angius
PARTECIPANTI E GRUPPI DI APPARTENENZA: Fabio, Riccardo, Michela, Daniela, Laura Legna, Gnogno, Valeria, Francesca, Gianluca, Massimo … tutti GSAGS

Non credevo di essere così stanco al mio ritorno a casa.
Non so come dire………mi sentivo come se mi avessero buttato dentro un sacco e bastonato.
Sarà l’età……….
La ricerca della cavità inizia sulla carta (e sul PC) qualche giorno prima, in previsione del fatto che chi la conosceva, probabilmente, non sarebbe venuto per altri impegni sopraggiunti (così come effettivamente è successo).
Inizio La preparazione di questa uscita domenicale partendo dal rilevamento della posizione della grotta sull’ortofoto della Sardegna, grazie alle coordinate rilasciate dal Catasto FSS, e, fatto ciò, parlo con Stefano che mi spiega con molta precisione quello che avrei trovato e le concrezioni di maggior interesse che avrei potuto facilmente riconoscere.
A questo punto sembrava di conoscere Sa Craba “per filo e per segno”, nonostante sapessi che in montagna le cose non sempre sono così semplici.
Avevo comunque una buona base di partenza.
Arriviamo in loco intorno alle 09.50 e, dopo esserci preparati, inizio le danze distribuendo la stampa del rilievo della grotta a tutti i partecipanti, spiegando loro come trasformare mentalmente quei segni di inchiostro in ciò che avremo trovato, e distribuendo i compiti ai più esperti: Michela (che aveva atteso la discesa di tutti a Pitz’e Crobis) e Riccardo, con me ad armare (Riccardo si sarebbe dovuto fermare poi al “colonnone”), Andrea Loi, per l’assistenza al frazionamento del primo salto e il solito buon Gianluca al controllo in superficie.
Considerando che il GPS che mi aveva prestato Stefano (già settato con le coordinate della cavità) non dava segni di vita, attacchiamo il sentiero alla ricerca de Sa Craba.
<Mi hanno detto che il sentiero è segnato da “pallini” di vernice blu> dice Riccardo.
Dopo una salita da capra di quel genere, vorrei fare i miei complimenti a chi ha aperto la strada.
Forse qualcuno dovrebbe fare un corso a livello cromatico, per capire che in un bosco o in mezzo alla macchia mediterranea il blu non va tanto bene, e infatti ci siamo uccisi gli occhi nella ricerca del famoso “bollino blu ciquita” (l’arancione o il giallo avrebbe attirato di più la nostra attenzione), ci avrebbe fatto piacere che fossero meglio distribuiti, tipo uno ogni dieci metri (e non ogni cinquanta) e ad ogni bivio a indicare la direzione, non prima, né dopo. Tanto di cappello a chi si è preso la briga di tracciare il sentiero, ma come dico io, visto che lo devi fare, fallo bene!
Comunque arriviamo in cresta, ci distribuiamo per la ricerca e troviamo un ingresso.
<Sara questa?><Non sarà questa?>
Guardo il rilievo…..il pozzetto d’ingresso c’è…….<Sarà questa!>.
Entriamo con Muzzi e Riccardo, armiamo, scendiamo, controlliamo il rilievo, esploriamo i dintorni….. sembra e non sembra.
Brillante idea di Michela:<Mandiamo gli altri che stanno fuori a cercare ancora!>.
Così facemmo e fu l’intuizione giusta (Michela…….se non ci fosse lei…..)
Trovata “La Capra”, circa alle 13,00 armiamo, scendiamo così come avevamo deciso, arrivando al primo salto dove era predisposta attorno a una roccia una cinghia in gomma da mezzo pesante (tipo caterpillar) del diametro di 1,20 mt circa. Avvertiamo gli altri di iniziare la discesa (vista l’ora tarda).
Mi chiedo <E io dovrei armare su una cosa del genere?>. Sapevo di dover armare principalmente “su naturale” e, non sapendo su cosa sarei andato a parare, volevo utilizzare meno anelli possibile. Quindi cordino veloce su una concrezione e alla fine, su consiglio di Riccardo, piastrina su fix. In quel momento arrivano Daniela “s’abogau” e Laura “Legna”, già stressata perché aveva lasciato i cani in macchina.
Il nostro “coniglio” era già pronto…..e via.
Anello sulla vicina parete di fronte a noi, e giù per circa 30 mt, con un altro frazionamento intermedio con fettuccia su “perdigone”.
Essendo la corda da 100 mt, organizzo un “barcaiolo” su un mamellone e tendo la corda con un altro su una stalagmite, adiacente al famoso colonnone (bellissimo!!) indicato sul rilievo, realizzando un corrimano per l’avvicinamento. Sulla stalagmite frazionamento con cordino per una discesa di circa sei mt..
Cerca che ti ricerca, con Michela arriviamo all’ultimo salto. Ennesimo coniglio su armo artificiale e fraziono subito, a distanza di circa 1 mt, con fettuccia, sul bordo della discenderia. Inizio la discesa.
Poggio un piede, tutto ok! Poggio il secondo…..oh oh!! <Hai visto, Michela?>. Ci rendiamo conto di essere su una frana mobile (addio ai nostri sogni di poter far salire una persona ogni due frazionamenti per velocizzare il ritorno). Mi aggrappo alla roccia frazionata e faccio scendere giù tutto ciò che avevo a portata di piede.
<Sembra a posto. Scendo!>. Fatti pochi passi, altro perdigone mobile con tutto il suo seguito. <Non vorrai buttare giù quello!> esclama Michela. E invece si, lo faccio rotolare giù per la discesa. Roba da trenta chili!!
Tan…tatan…tatatan…..tatan…tan…..tatatan……tan……….tan…………tatan…………tan…………TUUNNN!!
<Minchia!> Ci esce fuori di bocca quasi all’unisono. <Cosa cacchio c’è la sotto?>. Proseguo. Un altro frazionamento con cordino, un altro su anello e arrivo su bordo della roccia. Sul vuoto!
Mi giro, mi rigiro, guardo, osservo…..non c’è un armo a pagarlo oro! Né naturale, né artificiale. <Non c’è niente qui, per amare, ma vedo il fondo a circa 15 mt.>
<A 15 mt?> risponde Michela <non ti ricordi il rumore che ha fatto la pietra che hai buttato?>. In effetti…….
Nel cercare un posto dove armare, perdo troppo tempo. Chissà, però, cosa ci spinge a voler arrivare giù a tutti i costi.
Nel frattempo Riccardo comunica che sarebbe tornato su con Laura (sempre più stressata per i cani……..du’ palle), Daniela e Roberta.
Decido di spostarmi di circa due metri sulla mia destra e di armare su una colata unendo insieme tre fettucce. Il PLG penzolava ora nel vuoto. Faccio un’ansa lunga e passo il frazionamento.  Pochi metri e poggio i piedi per terra. <Allora sono arrivato, come pensavo!>. Ma la cosa non mi quadrava tanto. Accendo l’elettrico e scopro di essere atterrato su un masso gigante incastrato tra le due pareti di roccia. Mi sporgo sulla destra e continuo. La discesa non finiva più. Forse una quarantina di metri.
Arriviamo giù con Michela e diamo il via al resto del gruppo. La prima a scendere Daniela (che mi aveva preannunciato il passaggio dalle polpette agli involtini) e, senza che nessuno sapesse, iniziamo a cronometrare il tempo di discesa per renderci conto di quanto tempo ci sarebbe voluto perché tutti ci raggiungessero, comunicandolo agli interessati solo dopo. Subito dopo Valeria e Francesca, poco più di venti minuti, Massimo tredici e Andrea ben dodici!!
Questa cosa non è scesa giù a Massimo……..aveva  perso!!
Ricomposto il gruppo in fondo alla grotta, decidiamo la risalita. Io per primo, a seguire Valeria (così saremo saliti direttamente in superficie perché molto stanca), poi Muzzi e via, via tutti gli altri. A disarmare Andrea Loi, Gaias e Massimo da supporto, in modo da dividere il peso dei sacchi in tre.
A parte il piccolo intoppo di Valeria sul frazionamento sul vuoto in risalita, peraltro non facile (soprattutto per chi è molto stanco), ci troviamo all’inizio della frana anche con Michela e Daniela. Michela rimane ad aspettare gli altri, noi risaliamo.
Emblematica è stata la frase di Valeria, che con la testa fuori dalla grotta esclama distrutta:<NON CE LA POSSO FARE!!>
<Si che ce la puoi fare!> rispondo io, appollaiato a metà del pozzetto d’ingresso. <Forza e coraggio!.
Ormai siamo fuori e vediamo in lontananza le luci del campo. Sono le 20,30.
I gruppi di risalita arrivano, noi compresi, alla spicciolata. Gli ultimi, i “disarmatori”, arrivano  giù che sono le 22,30. Nove ore e mezzo di grotta!
Dopo cotanto affaticarsi, il fuoco ristoratore di Riccardo e le cibarie imbandite ci tirano veramente su il morale, tanto da sentirci appagati nonostante avessimo “cannato” gli orari prefissati.
E’ inutile dire che ciò che abbiamo imparato in questa uscita e che gli orari di cui parlavo prima non esistono. Possiamo programmare, anzi è d’obbligo farlo, ma non dobbiamo stupirci se, per un motivo o per un altro, il tempo tutto a un tratto si dilata a dismisura, soprattutto se si tratta di cavità che nessuno conosce.
La cosa più importante è che addentrandoci in un ambiente che non è il nostro, cercando di superare gli ostacoli che la montagna o la grotta interpongono nel nostro cammino, noi si esca tutti interi, senza un graffio (o quasi), coscienti di aver vissuto comunque una giornata fuori dal comune.
Come direbbe Stefano, siamo sempre i numeri 1.
Grazie a tutti per l’uscita, grazie a coloro sempre disposti a darmi una mano e un ringraziamento particolare a Muzzi, sempre superdisponibile.

 

Categoria: Attività, Speleologia

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