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Dopo “L’Imene”… Lopene!

ATTIVITA’: Speleologia
DATA: 12-07-2008
COMUNE: Urzulei
LOCALITA’: Genna Silana
CAVITA’, GOLA O SENTIERO: Grotta "Imene", SS125 – Km 181,400
ORGANIZZATORE DELL’USCITA: Roberto Mura
PARTECIPANTI E GRUPPI DI APPARTENENZA: Roberto Mura, Ricardo Denaci, Andrea Loi, Fabio Angius, Gianluca Gaias, tutti GSAGS

Il nostro intento era quello di documentare con foto e filmati, il frutto del lavoro dei nostri amici esploratori, che in precedenza si sono dati tanto da fare, varcando soglie mai viste dall’uomo.
Avremmo voluto anche andare oltre; immortalare, con l’ausilio della tecnologia, il frutto dell’esplorazione di nuovi ambienti.
Ma così non è stato….Ma vediamo come sono andate le cose.
Alle 7:00 siamo tutti a casa di Roberto.
Arriviamo quasi all’unisono, carichiamo le macchine e ci mettiamo in viaggio alla volta del chilometro 185 (circa) della S.S. 125.
Breve pausa per un caffè, breve pausa a causa di forza maggiore (Guardia di Finanza) e raggiungiamo la nostra agognata meta.
La superiamo, per dirigerci in uno sterrato nel quale parcheggiamo le macchine. Mangiamo qualcosa, ci prepariamo e iniziamo la camminata, tornando indietro, che ci porterà all’ingresso della grotta, circa 500 mt!
Sono le 11:50. Il sole ci sta cuocendo il cervello, a qualcuno bruciano i piedi all’interno degli stivali in gomma. Incontriamo un autoctono munito di tagliabordi: “eeeeeeeeeehhtttttttannnnnooooo???? Tottu ‘ene? State entrando o uscendo?”
“Stiamo entrando. Siamo tutti puliti…!!”
Arriviamo all’ingresso, che si palesa a noi sottoforma di un foro verticale dalle dimensioni di circa 40×20 cm per 2 metri di lunghezza, situato sulla parete rocciosa a due metri e mezzo dall’asfalto. La particolarità della cavità (a detta di Roberto) è che ci si fa il mazzo all'inizio, poi dopo è abbastanza normale. Detto fra noi…….”pitticcu su culu”!
Il primo ad entrare è Roby (ormai è di casa), senza casco, imbrago ed attrezzi, munito solo della lampada frontale (mini, perché altrimenti non ci passa).
Una volta dentro, Andrea gli passa tutti i sacchi in nostro possesso, sia che contengano attrezzatura di gruppo, sia personale.
L’immagine di Roberto, dei sacchi e di chi lo segue, che spariscono poco alla volta all’interno della montagna, fa pensare ad una sorta di mostro che ingoia lentamente le sue prede…
Al termine della strettoia, che si sviluppa in orizzontale, si presenta una saletta (“saletta” è un termine grosso) di 50 cm x 50 x 1 mt di altezza. Giusto lo spazio di fare “manovra”. Da lì Andrea passa di nuovo i sacchi a Roberto che è ormai sceso, disarrampicando, in un’altra saletta, dove poi vestiremo l’attrezzatura e lasceremo tutto il superfluo.
Uno dopo l’altro, entriamo tutti, man mano che sacchi e speleologi lasciano spazio. Ora viene il bello. La diaclasi.
Obliqua, strettissima, sembra quasi che ci stia sfidando: “Dai, prova a passarci…” Si monta il discensore, ma non serve a nulla; devi spingerti verso il basso. Tu e il sacco, che di andare giù non ne ha tanta voglia. A complicare le cose, provvedono due frazionamenti, da passare in posizioni che ricordano i geroglifici egiziani….hai presente?
Poi, ad un certo punto, finalmente la roccia concede un po’ di spazio, e si allarga…Aaaaaahhhhhh!!! si possono anche piegare le gambe!!! Ma non è finita… Ci aspettano due o tre strettoie da fare strisciando come lombrichi.
Specialmente in una, si incastra ogni cosa che sporge; imbrago, cuciture, lacci delle scarpe, casco, e soprattutto la BOMBOLA!!!!!
Comunque… andiamo avanti. Finalmente la grotta assume dimensioni e forme a misura d'uomo. Arriviamo al primo pozzo.
La longe va messa su un corrimano, prima di uscire dalla strettoia (figo! Perché nella strettoia, a momenti non riesci neanche a girarti). Due pozzi, praticamente in successione, da circa 30 metri l’uno. Il primo: frazionamento/armo dopo il corrimano, un frazionamento a circa cinque metri sotto e salto finale, per tre quarti sul vuoto. Disarrampicate varie. Il secondo: armo naturale, frazionamento a circa quattro metri sotto (abbastanza agevole), frazionamento a circa dieci metri e il resto su parete. Sul fondo ambiente largo, comodo. Varie diramazioni, che si chiudono subito. E poi il lago.
Rispetto all’ultima volta, l’acqua ha cominciato a scarseggiare, causa scarso apporto dovuto alla stagione (è per questo che ci si va d’estate). Ma non abbastanza scarsa, nonostante il caldo, l’acqua è ancora lì. La parte iniziale del sifone ha circa 20 cm liberi, ma la parte più bassa, è sommersa. Niente da fare…non si prosegue (che culo!) Ad agosto, sarà asciutto? Giretto nella sala finale. Si cerca un eventuale by-pass; su una parete a circa 3 metri dal pavimento c’è un’apertura. Andrea si arrampica come se fosse l’uomo ragno, anzi l’uomo ragnogno. Niente, chiude quasi subito, non prosegue. Non ci resta che tornare indietro.
Ore 15:00 circa. Percorso a ritroso. Ora sembra tutto più pesante…non che fino ad ora si siano pettinate le bambole……..
Ogni cosa richiede uno sforzo SOVRAUMANO. Non ricordavo così impegnativa la risalita di un pozzo. Le strettoie, nel frattempo si sono chiuse un po’; non c’è altra spiegazione. …mi incastro, mi disincastro, mi ri-incastro, mi ri-disincastro….Basta!! E anche le strettoie, ora sono alle nostre spalle. Ma non c’è scampo, la diaclasi è lì, che ci aspetta, paziente e, soprattutto, stretta.
Fabio sale per primo. Il sacco è troppo pesante da portare su. E si incastra dapertutto. Va in affanno. Roberto sale su a dargli una mano. Gli solleva il sacco in modo che non gli pesi. Ce la fa! Passa l’ultimo frazionamento. Qualcuno ha problemi di respirazione; il torace si espande, e questo produce il famoso effetto Fischer. Si, Fischer, quello dei tasselli ad espansione. E adesso? Con un po’ di calma e una decina di parolacce, si risolve, e si prosegue. L’animo gentile di Ricardo Minaccia si offre di portare il mio sacco. E devo dire che senza il fardello giallo, la salita è relativamente semplice. Si usa solo la maniglia, per sicurezza, ma in pratica ci si arrampica con mani, piedi, gomiti, ginocchia, anche, naso e orecchie (dimenticatevi l’uso canonico degli attrezzi!!).
OK, siamo tutti arrivati alla saletta-spogliatoio. Ci liberiamo di imbraghi ed orpelli vari. Devo dire che nel compiere questo anti-rito (il rito, è la vestizione), non ci priviamo della soddisfazione di gettare a terra l’attrezzatura; qualcuno accompagnando il gesto con una frase del tipo “………NNEMAMMARUA!!!” Fa parte del rito liberatorio.
Rimane solamente la strettoia iniziale. Ancora due metri di viva roccia e ….ritornammo a vedere…il cielo.
Sono le 17:40.
Ci assale l’afa che invade la SS. 125, e non solo. Si stava meglio dentro, almeno sotto l’aspetto climatico. La solita passeggiata sull’asfalto ci riporta alle macchine, che all’interno presentavano una temperatura di circa 120°. Avevo lasciato una bottiglietta in vetro, che ho potuto modellare a forma di cavallino (TIGO’!) come uno dei più abili vetrai di Murano. Doccia e snack; dopo l’IMENE, ci aspetta LOPENE (ci sarà la fregatura?)

Diverse volte abbiamo avuto l’impressione che l’Imene vincesse. Ci ha attanagliato con i suoi artigli, con le sue strettoie, con i suoi spuntoni e con le sue asperità rocciose, fiaccandoci fino quasi ad farci arrendere; arrivando quasi a farci pensare: “NCLPF!!” (non ce la posso fare). Siamo demoliti!!

PS: I viandanti della 125, non indigeni, ci guardano curiosi nel vederci in costume da bagno e farci la doccia.
Si saranno chiesti: ci sarà una spiaggia qui vicino?
Ma non so cosa si siano chiesti gli occupanti di un mezzo della Forestale, che di certo conoscono il territorio, e quindi la totale assenza di luoghi di balneazione nelle immediate vicinanze, quando hanno visto Andrea in costume da bagno, che maneggiava le pinne……..

Categoria: Attività, Speleologia

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